Intervista ad Andrea Pala, l’enfant prodige dell’enologia italiana

Enologo sardo premiato da Forbes tra le eccellenze italiane Under 40, consulente per cantine in tutta Italia, tra innovazione, terroir e futuro del vino.

Andrea Pala - Enologo
Andrea Pala - Enologo

Andrea Pala, enologo originario di Luras (SS), è stato recentemente insignito del prestigioso riconoscimento Best Under 40 da Forbes Italia, in collaborazione con ISMEA, durante il Vinitaly 2025. Già Miglior Giovane Enologo d’Italia nel 2021 secondo Vinoway e vincitore del Premio Franz Haas nel 2022, Pala è noto per la sua capacità di valorizzare i terroir italiani e per l’innovazione nel mondo del vino .

Andrea, cosa rappresenta per lei il premio Under 40; assegnato da Forbes Italia?

«È un riconoscimento che mi onora profondamente. Essere premiato da una realtà come Forbes, in
collaborazione con ISMEA, significa che il lavoro svolto finora è stato apprezzato non solo a livello
tecnico, ma anche per la capacità di innovare e valorizzare il patrimonio vitivinicolo italiano.
Questo premio è uno stimolo a continuare su questa strada, con passione e dedizione».​
Il cambiamento climatico è uno dei temi più dibattuti nel mondo del vino. Come stanno reagendo le cantine italiane e quali strategie ritiene più efficaci?
«Il cambiamento climatico ha effetti evidenti: maturazioni anticipate, stress idrici, nuovi equilibri tra
zuccheri e acidità. Le cantine più attente stanno intervenendo sia in vigna, con pratiche
agronomiche più resilienti (ad esempio nuove gestioni della chioma e coperture vegetali), sia in
cantina, con fermentazioni più controllate per evitare eccessi alcolici. Personalmente credo molto
nella zonazione e nella micro vinificazione: studiare ogni parcella, conoscere i suoli e lavorare in
modo sartoriale è la chiave per affrontare il futuro».
Il mercato internazionale chiede vini sempre più identitari. Qual è, secondo lei, il ruolo dei vitigni autoctoni italiani in questo scenario?
«L’Italia ha un tesoro ampelografico unico al mondo. I vitigni autoctoni non sono solo una questione
di identità culturale, ma una risorsa commerciale. I buyer internazionali vogliono storie vere, vini
che parlino di un luogo. In Sardegna, ad esempio, vitigni come il Vermentino di Gallura, la
Granatza o il Bovale raccontano non solo un sapore, ma anche un paesaggio, una tradizione, una
lingua. Il futuro del vino italiano sta qui: valorizzare la diversità».
Come sta cambiando il gusto dei consumatori? Ci sono nuove tendenze che un enologo oggi deve considerare nella produzione?
«Assolutamente sì. Si va verso una richiesta di maggiore bevibilità: vini più freschi, meno legno,
meno concentrazione. Il consumatore vuole equilibrio, ma anche autenticità. C’è una crescente
attenzione verso i vini naturali, ma ciò che conta davvero è la trasparenza del processo, non lo
slogan. Anche il packaging sta cambiando: si chiedono bottiglie più leggere, etichette chiare,
sostenibilità a tutto tondo».
Qual è il ruolo della tecnologia in cantina oggi? C’è ancora spazio per la manualità e l’intuizione dell’enologo?
«La tecnologia è fondamentale, ma deve servire l’intuizione, non sostituirla. I sensori in fermentazione, le mappe termiche del vigneto, le analisi in tempo reale sono strumenti preziosi, ma il vino resta un prodotto vivo, artigianale. L’enologo è, e resterà, un mediatore tra natura e tecnica. Serve ascolto: delle uve, dei tempi, dei silenzi della cantina. La tecnologia è alleata, ma non può sostituire l’esperienza sensoriale e la visione umana».
I suoi vini sono stati premiati in diversi concorsi. Qual è il segreto del suo successo?
«Credo che il segreto risieda nell’attenzione al territorio e nella valorizzazione dei vitigni autoctoni. La Sardegna, ad esempio, offre un patrimonio vitivinicolo unico, con varietà come il Vermentino di Gallura che, grazie alle peculiarità pedoclimatiche, esprime caratteristiche distintive. Lavorare con passione e rispetto per la materia prima è fondamentale per ottenere vini di qualità».
Quali sono i suoi progetti futuri nel mondo del vino?
«Continuerò a lavorare come consulente per diverse cantine in Italia, cercando sempre di valorizzare il territorio e i vitigni autoctoni. Inoltre, sto esplorando nuove tecniche di vinificazione e affinamento, sempre con l’obiettivo di innovare nel rispetto della tradizione. La mia missione è contribuire a far conoscere e apprezzare i vini italiani nel mondo».
Cosa dovrebbe fare oggi un giovane che sogna di diventare enologo? Qual è il consiglio che si sente di dare?
«Studiare tanto, viaggiare, assaggiare con umiltà. Ma soprattutto: mettersi in vigna. L’enologia non si impara solo sui libri o in laboratorio. La terra insegna e ogni vendemmia è diversa. Servono pazienza, sensibilità e curiosità. Consiglio anche di confrontarsi con altri settori: la comunicazione, il marketing, l’arte. Il vino oggi è anche racconto, emozione, relazione. Chi sa raccontarlo con
verità, senza presunzione, ha una marcia in più».

Daniele Cardia

Informazioni su Daniele Cardia 449 Articoli
Giornalista Pubblicista - Direttore "MediaPress24" Scrivo per "Angeli Press" - "Cagliari Live Magazine" e con "Il Punto Sociale" Collaboro con "Opificio Innova, le WebTv: "MATEX Tv" e "ManiaTv" Vincitore dei Premi "USSI SARDEGNA 2022" Ho collaborato con l'emittente tv locale "Uno4" Nel 2017 ho scritto il libro: "Una storia qualunque... Barcollo ma non mollo"

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